Armiamoci!…solo di petardi!

Buon 2016, 1436, 2964, … e Buon 4712!

Alla mezzanotte del 31 dicembre tutti noi abbiamo festeggiato, brindato, augurato un buon anno ai nostri cari… perché è stato l’inizio del nuovo anno, ovvero del 2016. Ma siamo proprio sicuri che questo 2016 sia l’anno in corso per tutte le culture del mondo? Siamo nel 2016 per il calendario Gregoriano…e negli altri calendari in che anno siamo?… Per il calendario islamico siamo nel 1436, nel 1394 per quello persiano, nel 1732 per quello copto, 2964 è l’anno berbero in corso, per i buddisti siamo nel 2559, per il calendario ebraico nel 5776, l’anno 5116 per gli induisti Kali Yuga e per concludere nel calendario cinese siamo nell’anno 4711, che per l’oroscopo cinese corrisponde all’anno della capra, e si concluderà fra poche settimane quando entrerà nell’anno della scimmia, l’8 febbraio. Il calendario cinese si basa su una combinazione di movimenti solari e lunari quindi il capodanno corrisponde al secondo novilunio dopo il solstizio di inverno e termina 15 giorni più tardi, ogni anno può variare da gennaio all’inizio di marzo. Il Capodanno lunare cinese, chiamato anche Festa della Primavera, ha una storia antichissima, di oltre 4000 anni e la sua origine è legata alla credenza in divinità a cui si offrivano sacrifici durante il cambio dei cicli stagionali. La parola Nian 年 che oggi significa anno, in passato era usata per descrivere il ciclo del raccolto, al giorno d’oggi il primo giorno del nuovo anno viene chiamato Yuandan (元旦, ‘prima alba’) e si riferisce al primo gennaio in seguito all’introduzione del calendario Gregoriano, basata sul ciclo del sole, che venne introdotto in Cina il primo gennaio del 1912; mentre il primo giorno del calendario lunare, quello storicamente festeggiato dai cinesi, venne cambiato con il nome Chun Jie (春节, Festa di Primavera). In Cina le celebrazioni di questa festa variano a causa della sua vastità geografica e antropologica, basta pensare che è grande come tutta l’Europa, tuttavia alcune pratiche le possiamo trovare in tutto il Paese: la notte del capodanno si resta svegli fino a tardi con le luci accese e il giorno seguente si fanno scoppiare i petardi durante tutto l’arco della giornata; inoltre in tutta la Cina questa festa è un momento in cui le famiglie e amici si riuniscono, alcuni praticano sacrifici per le divinità e per gli antenati; si pulisce la casa dallo sporco dell’anno passato, in modo da “spazzare via” la cattiva sorte per fare posto alla felicità e alla buona sorte (fu 福) che viene con il nuovo anno; ci si scambiano gli hongbao 紅包, buste rosse con piccole somme di denaro (di numero pari ma non il 4 che si pronuncia come la parola morte). E come si festeggia il capodanno cinese in Sardegna? Mentre in Cina le celebrazioni di questa festa variano a causa della sua vastità geografica e antropologica, tuttavia la maggior parte dei migranti cinesi che risiede in Italia proviene da Zhejiang, sulla costa meridionale. Qui sull’isola per la prima volta è stata celebrata una vera e propria festa pubblica, a Nuoro, dove risiedono molti cittadini cinesi di prima e di seconda generazione, mentre le famiglie cinesi che risiedono in giro per la Sardegna festeggeranno privatamente questo evento, un cenone alla vigilia del primo giorno dell’anno tra amici e parenti. In Cina esiste una grande varietà di cibi che vengono consumati in questa occasione, soprattutto pesce e pollo, tuttavia i migranti cinesi che risiedono in Italia provengono per la maggior parte da Zhejiang 浙 江, sulla costa meridionale, quindi tra i piatti preparati per questa occasione ci sono le “uova dei cent’anni”, il tofu, le lingue d’anatra, le zampe di gallina con aceto e coriandolo, e un dolce di buon auspicio in gran parte della Cina meridionale: i niangao 年糕, un impasto a base di riso agglutinato. È interessante notare le assonanze tra le parole cinesi: la pronuncia di questo dolce è omonima a quella che significa “anno migliore”! Non mi resta che augurarvi un anno migliore, un felice Anno Nuovo (in qualsiasi anno sia) Xīnnián kuàilè! 新年 快乐!

Adele

Alghero, autoproduzioni, cultura, socialità, autogestione