Cosa è l’economia senza l’ecologia?

L’ecologia è lo studio scientifico della struttura e del funzionamento della natura, delle interazioni che si creano tra gli organismi e l’ambiente. Formule matematiche descrivono, perciò, come la crescita di qualsiasi popolazione raggiunga una numerosità oltre la quale non riesce ad andare per la limitata disponibilità delle risorse.

L’homo sapiens, ovvero una delle tante specie che abita il pianeta Terra, è passato, in meno di 200 anni, da una numerosità di 400 milioni di individui a 7 miliardi. Come per tutte le specie, bisogna aspettarsi una capacità portante massima, che ovviamente è in relazione allo standard nutrizionale, culturale e tecnologico, e al costo per l’ambiente. Le stime oscillano, quindi, tra 1000 miliardi e 1 miliardo di persone (se tutti avessero lo standard statunitense), il che è in conflitto totale con l’aspettativa di crescita economica dei paesi industrializzati: come si fa ad aspettarsi che il PIL aumenti per sempre? Che sensazione può provocare su un ecologo la notizia che il PIL sta salendo?

L’essere umano fa parte della natura e tutte le regole che inventa sono alla fine soggette a quelle della natura. Oggi, invece, il mondo è governato da economisti che agiscono non tenendo conto dell’ecologia, come se non capissero che l’economia potrà continuare a esistere solo se saprà essere un’economia “della natura” e non “senza natura”. La natura, presto o tardi, presenta il conto. Sembra che gli economisti snobbino l’ecologia per concentrarsi solo sulla produzione. Fanno finta di non sapere che se si produce qualcosa è perché si è consumato qualcos’altro. E questo qualcos’altro è l’ambiente. Se invece non fanno finta, allora viene compiuta una frode.

Ci domandiamo mai che prezzo sta pagando l’ambiente a causa della nostra crescita? Cosa suscita la notizia del blocco del traffico stradale durante i periodi di alta pressione, per aspettare che le polveri sottili si diluiscano quando il vento sale o arriva la pioggia? Il mare come l’aria sono fluidi che all’occhio umano sono immensi (ma dipende dalla scala d’osservazione) e sembrano quindi infiniti con un potere di diluizione enorme, ma in realtà finito. Come può il popolo di paesi industrializzati pensare che quello che esce dal tubo di scappamento non si mangi con l’insalata? E che fine fanno tutti i veleni che utilizziamo in agricoltura o in floricoltura? Sembra che ancora si creda solamente a ciò che si vede.

Le valutazioni su quando e come si potrà mai ritornare ad una distribuzione delle specie e degli habitat naturale accettabile sono semplicemente angoscianti, soprattutto se poi si pensa che la popolazione umana è in crescita sia per numerosità che per esigenze generali. Può la protezione degli ambienti contribuire alla conservazione della diversità? Siccome le attività umane hanno un impatto che agisce a scala molto più ampia, l’istituzione di parchi può solamente proteggere quell’area circoscritta da forme d’impatto locale. E per le forme d’impatto globale?

L’accordo preso a Parigi lo scorso dicembre (2015), che impegna quasi 200 paesi ad attività per le quali l’innalzamento della temperatura atmosferica non superi i 2°C (possibilmente 1,5 °C) è chiaramente una bufala. Come fanno a calibrare l’insieme delle attività umane per un determinato innalzamento della temperatura? Come hanno stabilito che gli effetti provocati da tale innalzamento sono trascurabili e dunque accettabili? La natura aspetterà i nostri tempi di reazione? No, la natura seguirà inesorabile il suo corso… Rimane implicito che l’uomo si vede ancora all’apice della scala evolutiva, tale e quale a prima di Darwin. Conseguenze: tra dare un prezzo economico agli ambienti e comprarli il passo sarà breve. Se il valore dell’habitat fosse il costo che dovremo pagare per ripristinare quell’ambiente forse sarebbe meglio. E quanto costa ripristinare una foresta di lecci, una prateria marina di Posidonia o una barriera corallina? La natura ha impiegato secoli o millenni per costruirle e la risposta vera è che sono di valore inestimabile. Un’eredità che dovremmo sapere come tramandare. È impossibile attribuirgli un prezzo.

Come convincere un economista che l’economia della natura prevale sull’economia dell’essere umano? Basta formulare un’obiezione: se le leggi dell’economia e quelle della natura entrano in conflitto, quali prevarranno? Non possiamo essere così arroganti da pensare che siano le prime a prevalere. Se infrangiamo le leggi della natura a favore di quelle dell’economia, la natura ce la farà pagare carissima. Dunque il nostro mondo è in pericolo perché la curva dell’economia sale, ma la curva dell’ecologia scende. L’essere umano, in equilibrio precario sulla crescita economica, sta per essere travolto dalla decrescita dell’ecologia. La natura ce la farà: per lei non ci sono problemi… Piuttosto siamo noi a essere in pericolo, a causa del nostro sconsiderato successo. La soluzione del problema è di carattere più filosofico. Dobbiamo comprendere la differenza tra prezzo e valore, quella che ci può essere tra un lingotto d’oro e un litro d’acqua.

Un ecologo di passaggio

Alghero, autoproduzioni, cultura, socialità, autogestione