Le ricadute economiche e sociali dell’occupazione militare in Sardegna

50 anni di occupazione militare in Sardegna hanno prodotto numerosi effetti negativi dal punto di vista sociale, economico e sanitario.
Le basi militari, create senza alcuna consultazione con la popolazione sarda, si sono qualificate sin dall’inizio come un sopruso e un utilizzo del territorio estraneo alle necessità dei sardi, assoggettate a necessità strategiche militari decise dagli Stati Uniti, dalla NATO e dal governo italiano. Le attività precedentemente svolte nei luoghi espropriati per fare spazio al demanio militare hanno perlopiù dovuto cessare, i rimborsi sono stati irrisori, intere popolazioni stabilite nelle campagne sono state costrette a spostarsi: direttamente, con l’intervento delle forze dell’ordine e delle forze armate, o indirettamente, a causa della estrema invadenza delle attività militari sul loro territorio.
Nel corso dei decenni è maturata, dinnanzi alla crescente insofferenza dei sardi verso le installazioni militari, la necessità di giustificare in qualche maniera questa presenza in termini che potessero risultare coerenti con le esigenze della popolazione locale, di qui la diffusione di una forte propaganda tesa a presentare le basi militari come fonte di sviluppo economico e occupazione. I dati ci dicono che non è così: i comuni investiti dalla presenza delle basi militari hanno mediamente un reddito pro capite inferiore alla media provinciale. La presenza delle basi non offre alcuna prospettiva economica solida per le popolazioni locali, in quanto perlopiù occupa poche persone per servizi ausiliari tendenzialmente sottopagati.
Se poniamo la questione in termini di mancato sviluppo, ovvero di soppressione degli usi alternativi dei vasti territori sottoposti alle basi militari, emerge che le basi militari rappresentano un grave svantaggio per le popolazioni locali, ciò è reso evidente paragonando paesi come Villaputzu o Teulada a paesi come Muravera o Pula, ovvero a paesi che, in assenza delle basi militari, hanno potuto sviluppare il potenziale dell’economia turistica e agricola nel proprio territorio.
«D’altra parte, il fatto che comuni come Villaputzu non risultino eccessivamente penalizzati rispetto ai comuni del circondario, non è determinato dalle ricadute della base militare, ma da iniziative autonome di sviluppo locale intraprese nonostante l’handicap della presenza militare» (Codonesu, 2013).
L’occupazione militare è sicuramente anche causa di problemi demografici nei paesi investiti. Emblematico è il caso di Teulada, cui il poligono ha sottratto l’unica piana coltivabile con profitto nella zona, oltre a una ingente quantità di territorio costiero utilizzabile in senso turistico, che ha perso il 41% della popolazione in 50 anni di occupazione militare, mentre il vicino comune di Domus de Maria, non interessato da installazioni militari, ha incrementato del 27% la propria popolazione.
Gli effetti ambientali e sanitari dell’occupazione militare risultano tra le questioni recentemente più dibattute e controverse. La prassi di commissionare perizie addomesticate da parte degli apparati istituzionali (esercito e Ministero della Difesa) continua a inquinare il dibattito con teorie prive di solide basi scientifiche puntualmente smentite dalle ricerche indipendenti. L’indagine epidemiologica commissionata dalla Regione Sardegna nel 2005 conferma l’inquietante numero di casi di malattie gravi, come tumori e linfomi, in località come Teulada e La Maddalena. Le cause prospettate, però, tendono a ignorare costantemente il dato della presenza militare nell’area, inoltre, la mancanza di un registro dei tumori in Sardegna rende aleatoria qualsiasi statistica riguardo le malattie diagnosticate.
È certo che le attività di esercitazione a fuoco, stante l’esplosione delle testate, ma anche le esercitazioni non a fuoco (con proiettili non esplosivi), mediante l’impatto al suolo, liberano in atmosfera numerosi composti chimici tossici e nanoparticelle, le quali si depositano sul suolo e si infiltrano negli acquiferi. Altre attività di sicuro e grave impatto ambientale sono le sperimentazioni sui razzi che si eseguivano a Quirra, prima che la magistratura le sospendesse, nonché l’inquinamento elettromagnetico derivante dalla presenza di numerose installazioni radar.
Va ricordato che a Quirra, da alcuni anni, è in corso un processo per disastro ambientale che vede imputate diverse persone tra generali e responsabili del controllo sui valori di salubrità delle aree investite. Nell’area si sono registrati casi molto gravi e in numero molto superiore alla media di patologie rare su uomini e animali (Melis e Lorrai, 2010). Si registrano anche casi di malformazioni genetiche alla nascita negli animali, in quantità nettamente superiore alla media. Ciò era anche più grave negli anni ’80. Si segnala, a questo proposito, l’inquietante episodio delle nascite di bambini malformati ad Escalaplano sul finire degli anni ottanta, con picchi realmente abnormi (13 casi in 3 anni in un paese con circa 18-20 nascite all’anno, pari quasi a un quarto delle nascite (Mannironi, 2012)).
Un ulteriore aspetto delle deformazioni che la presenza militare imprime alla vita sociale dei paesi che investe è la presenza di elementi fortemente distorsivi della capacità delle popolazioni di gestire autonomamente la propria vita e il proprio territorio. Sotto questo aspetto, nelle aree intorno ai poligoni, è emblematico l’effetto che le politiche di indennizzo per la pesca e la pastorizia hanno avuto in questi anni, anni in cui tra la popolazione di Teulada e del circondario, per esempio, è aumentato esponenzialmente il contingente di pescatori. Pescatori che non hanno mai messo la loro barca in mare, ma che raccolgono senza fare niente cospicui indennizzi (16mila euro annui a persona) pagati dall’esercito, vera e propria misura clientelare per assicurarsi una base sociale favorevole alle basi militari nei paesi colpiti che ha portato all’esplosione del numero dei finti pescatori (Corrias, 2015).
Altro dato che testimonia la distorsione che la pesante presenza militare in Sardegna opera sulla vita dei sardi è quello inerente l’ingente quantità di sardi che, in mancanza di alternative occupazionali, si arruolano nell’esercito. Dei giovani tra 15 e 24 anni, in Sardegna, risulta arruolato il 3,7%, quando in Italia è l’1,3% , tra i 25 e 34 anni si è arruolato il 4%, quando il dato nazionale è l’1,1%. Si sostiene spesso che l’esercito sia uno dei principali sbocchi occupazionali per i sardi, ma ci si dimentica di dire che questo sbocco è determinato dall’inibizione allo sviluppo locale che la presenza massiccia dei poligoni e delle numerosissime installazioni militari in Sardegna ha prodotto, senza considerare che l’evoluzione recente della guerra elettronica rende l’utilizzo di personale militare sempre più ridotto, e anche questo presunto “sbocco occupazionale” in un’economia totalmente dipendente da interessi alieni (e spesso oscuri o spregevoli, si veda la parte sulla geopolitica delle basi) diminuirà progressivamente.

Comitato Studentesco contro l’Occupazione militare in Sardegna

Codonesu (2013). “Servitù militari, modello di sviluppo e sovranità in Sardegna”, CUEC
Mellis e Lorrai (2010). Relazione dei medici veterinari Dr. Mellis Giorgio e Dr. Lorrai Sandro, in http://www.vitobiolchini.it/2011/01/06/a-quirra-animali-deformi-e-allevatori-morti-di-tumore-ecco-le-conclusioni-del-documento-ufficiale-sul-monitoraggio-ambientale-nella-zona-della-base-militare/
Mannironi (2012). Effetto Quirra, sui bambini deformi il sospetto dell’uranio impoverito, in http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/02/26/news/effetto_quirra_il_dramma_dei_morti_e_dei_bambini_deformi-30548241/
Corrias (2015). Servitù militari, gli indennizzi per il blocco in Sardegna moltiplicano i finti pescatori, in http://www.repubblica.it/cronaca/2015/04/15/news/indennizzi_pescatori_teulada-112024164/

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