#aforas e #capofrasca23n viste da Alghero

Marceddì – Sant’Antonio di Santadi – Pistis, 23 novembre 2016
Alghero, 24-30 novembre 2016

Un percorso

1. Non restiamo prigionieri dell’evento

La manifestazione del 23 novembre 2016 a Capo Frasca non è un evento isolato, ha un passato e un futuro. Questo è un punto di vista parziale di quello che abbiamo vissuto in prima persona dentro il movimento e a volte rendere merito di tutto il lavoro fatto da altri prima di noi non è facile. Abbiamo dovuto semplificare, per forza di cose.

In quanto manifestazione continua un percorso iniziato due anni prima sempre a Capo Frasca e proseguito a Teulada l’anno successivo. Sono manifestazioni che parlano in prima persona, mettendoci faccia e corpi, che mettono in pratica l’obiettivo di superare i limiti invalicabili dei poligoni militari, attraverso il taglio delle reti e l’invasione della zona militare. Se a Capo Frasca nel 2014 questa irruzione ha avuto un altissimo valore simbolico, nel 2015 a Teulada con la chiamata della Rete no basi né qui né altrove che ha portato a bloccare la Trident Juncture e il 23 novembre 2016 a Capo Frasca il valore aggiunto è stato quello di causare l’interruzione di esercitazioni militari in corso, mettendo in crisi le condizioni necessarie allo svolgimento dei test.

https://nobordersard.wordpress.com/2015/11/04/reti-tagliate-trident-juncture-bloccata-giornata-storica/
Teulada, 3 novembre 2015.
Un messaggio chiaro e la manifestazione blocca la più grande esercitazione NATO degli ultimi 25 anni.

Oltre l’evento-manifestazione. Dopo la manifestazione di Capo Frasca del settembre 2014, è iniziato un percorso di crescita collettiva attorno alla tematica dell’occupazione militare della Sardegna in tutte le sue forme (dalle basi e poligoni militari all’industria bellica in senso stretto, dall’economia di guerra all’intreccio tra ambito civile e militare nella ricerca e nella produzione, e così via). Un grande lavoro del Comitato studentesco contro l’occupazione militare, di Cagliari, trova il supporto di vari gruppi e collettivi vecchi e nuovi in tutta la Sardegna e comincia a organizzare quello che è oggi A Foras – Movimento sardo contro l’occupazione militare. La mobilitazione si compone di momenti assembleari, di tavoli di studio (ricadute economiche, lavoro, salute e presenza militare, università, scuola, storia del movimento e scenari internazionali, comunicazione, la fabbrica di bombe a Domusnovas, …), di solidarietà a chi subisce ritorsioni legali, convivialità e festa.

Durante tutto il 2016 ci sono stati molti momenti di discussione collettiva e generale. L’Assemblea generale sarda contro l’occupazione militare si è riunita in varie occasioni e località (2 giugno a Bauladu, 26 giugno a Oristano, 24 luglio a Lanusei, 10 settembre durante il campeggio al Bosco di Selene, 16 ottobre ancora a Bauladu …) ed è un momento fondamentale per l’incontro e l’organizzazione dei momenti di mobilitazione, della condivisione di materiali, dell’aggiornamento sul lavoro di ricerca e informazione che si porta avanti.

Dal mese di settembre del 2016, cominciano anche i campeggi nei territori: a Lanusei circa 200 persone si sono incontrate per cinque giorni di studio, condivisione di materiali ed esperienze, in un tentativo di comunicare al di fuori della cerchia dei militanti e di incontrare le comunità locali che risiedono nei territori più colpiti dalla presenza militare. Pulizia del bosco, tavoli tematici, musica e assemblee che sono riuscite, nonostante le intimidazioni ad attivisti, amministratori e gestori di attività locali da parte delle forze dell’ordine.

Dal 7 all'11 settembre 2016, al Bosco di Seleni. A Foras Camp 2016, si discute a uno dei tavoli.
Dal 7 all’11 settembre 2016, al Bosco di Selene. A Foras Camp 2016, si discute a uno dei tavoli.

Il lavoro non è finito. Questo non è un movimento che si mobilita unicamente per manifestare, è un movimento che vuole crescere e diventare popolare: ogni persona deve avere gli strumenti per conoscere, mettere in crisi e pensare un’alternativa all’occupazione militare. Le manifestazioni sono uno strumento fondamentale per mettere in difficoltà la macchina bellica, ma l’idea è quella di una mobilitazione quotidiana e molteplice nelle forme che coinvolga ogni persona secondo le sue attitudini e capacità.

2. Un percorso “contro la guerra” ad Alghero?

Il coinvolgimento nelle attività del movimento che si va costruendo per noi dà continuità a un percorso che stiamo esplorando dentro l’esperienza di Res Publica. È un percorso che ci ha portati a confrontarci con altre realtà autogestite e collettivi della Sardegna come Sa Domu di Cagliari, S’Idea Libera di Sassari, Pangea di Porto Torres, ognuno con le proprie attitudini, specificità e approcci alla tematica. Un percorso che ci ha fatto incontrare persone che vengono dalla Palestina, dal Kurdistan, da Mali, Gambia, Nigeria, Senegal, Costa D’Avorio, Eritrea, …

Il 26 dicembre 2015, una festa in piazza. Le porte delle stanze dell'ex caserma diventano opere d'arte contro la guerra.
Il 26 dicembre 2015, una festa in piazza. Le porte delle stanze dell’ex caserma diventano opere d’arte contro la guerra.

Un percorso che tende un filo sottile tra le lotte qui e nel mondo e le conseguenze dello stato di guerra permanente a diverse intensità che è fondante di questo capitalismo di inizio millennio. Noi ci siamo: qualcuno sa dipingere o far divertire con la musica, qualcuno parla o scrive o ricerca informazioni, qualcuno partecipa alle manifestazioni e qualcuno invece no. Ci rispettiamo e sappiamo da che parte stare.

3. 23 novembre a Capo Frasca, come e perché

Il 23 novembre 2016 al poligono militare di Capo Frasca sono previste le esercitazioni di diversi stormi dell’aeronautica militare italiana. Tra le armi da testare, bombe prodotte a Domusnovas sganciate da aerei in decollo da Decimomannu.

A cosa servono quelle bombe? Se avete visto i quartieri distrutti durante i bombardamenti in Yemen, quello è uno dei tanti usi possibili. Chi produce quegli aerei? Alenia Aermacchi, ora nel gruppo Finmeccanica. Chi produce quelle bombe? RWM, multinazionale tedesca. Fatturato del settore armamenti/difesa: 2,6 miliardi di euro all’anno. Nota di colore: nel 2017, il ministero della difesa prevede di spendere 64 milioni di euro al giorno.

Un funerale bombardato a Sana'a, capitale dello Yemen. Fonte: the Guardian (https://www.theguardian.com/world/2016/oct/15/saudi-led-coalition-admits-to-bombing-yemen-funeral)
Un funerale bombardato a Sana’a, capitale dello Yemen. Fonte: the Guardian (https://www.theguardian.com/world/2016/oct/15/saudi-led-coalition-admits-to-bombing-yemen-funeral)

Il corteo che si muove verso il perimetro del poligono si era dato l’obiettivo di impedire per un giorno che si potessero effettuare le esercitazioni previste. La modalità annunciata è quella di tagliare le reti di recinzione per tentare di invadere la zona militare. Così è stato.

4. Cosa abbiamo ottenuto

Durante tutto il giorno non si sono sentiti aerei militari volare: la manifestazione ha raggiunto il suo obiettivo.

Una giornata

Che cos’è successo il 23 novembre nei dintorni del poligono di Capo Frasca? Se avete letto i resoconti dei principali media, non lo sapete. Possiamo aiutarvi noi, perché alcune persone che conosciamo c’erano e hanno visto.

5. Telegraficamente

La seguente è una sintesi estrema della giornata, a seguire un dettaglio sulla fase “calda” che è quella che ha monopolizzato la narrazione dei media mainstream.

(a) 500-800 persone partono in corteo verso l’ingresso del poligono

(b) Raggiunto il terreno antistante le reti, oltre un ponte che supera una propaggine di laguna, i manifestanti in gruppi più o meno grandi si sparpagliano lungo il perimetro recintato. Comincia il taglio delle reti in più punti.

(c) Una manifestante supera uno dei varchi aperti, viene spintonata. Parte una carica delle forze dell’ordine e i presenti si difendono come possono.

(d) In fasi successive, partono diverse cariche che fanno sì che i manifestanti si concentrino in un fazzoletto di terra senza uscita. Varie cariche molto violente e risposta da parte della “testa” del corteo.

(e) Si può uscire da questo recinto pericoloso, il corteo fa ritorno sulla strada per Sant’Antonio di Santadi. Dopo un tira e molla contraddittorio da parte di funzionari di polizia, si può proseguire sul percorso autorizzato.

(f) Una lunga camminata che arriva fino a Pistis, scortata da forze dell’ordine in testa e coda del corteo, con ritorno a Sant’Antonio.

(g) Ultima provocazione delle forze dell’ordine che non vogliono lasciare passare gruppi di manifestanti che hanno i mezzi a Marceddì. Il corteo riparte unito verso Marceddì.

(h) Il primo aereo militare di giornata fa il suo passaggio nel cielo sopra Capo Frasca.

Durante la manifestazione, nessuna esercitazione: obiettivo raggiunto. Si parte e si torna insieme.

6. Intermezzo visivo

Dove si svolgeva la manifestazione. Il poligono (la base) di Capo Frasca con le recinzioni, la Laguna di Marceddì e un ponte di accesso dalla strada che porta verso Sant'Antonio di Santadi.
Dove si svolgeva la manifestazione. Il poligono (la base) di Capo Frasca con le recinzioni, la Laguna di Marceddì e un ponte di accesso dalla strada che porta verso Sant’Antonio di Santadi.
I manifestanti-funghetti-fucsia raggiungono e tagliano le reti, una donna funghetto entra e parte il parapiglia delle forze dell’ordine-carrarmatini-gialli che hanno voglia di fare kapow!…

7. La battaglia?

Titolisti che hanno solo una cosa in testa: la guerra.
Unione Sarda, 24 novembre 2016. Titolisti che hanno solo una cosa in testa: la guerra.

Quella che segue è una ricostruzione, è quello che abbiamo visto e confrontato con gli orari dei tweet. Qualche dettaglio può essere impreciso ma non compromette la veridicità del racconto.

[Ore 10,00] I manifestanti iniziano ad arrivare. Oltre 500 persone arrivano da tutti gli angoli della Sardegna con l’obiettivo dichiarato di inceppare, almeno per un giorno, la macchina di morte e fatturati stellari. Come? Tagliando le reti perimetrali del poligono, per potervi entrare e rendere impossibile lo svolgersi dell’esercitazione.

[Ore 11,30] Il corteo dei manifestanti parte dal parcheggio che si trova all’altezza del ponte di Marceddì, lato Sant’Antonio di Santadi. Due striscioni aprono la strada a persone diverse per età, provenienze, esperienze politiche e di vita.

FIRMEMUS SAS ESERTZITATZIONES

e BLOCCHIAMO LA GUERRA

In breve tempo, il corteo raggiunge il ponte che, dalla strada, permette di accedere ai campi antistanti il cancello e le recinzioni del poligono militare.

[Ore 12,15] Oltre il ponte, le persone si muovono dapprima compatte sulla stradina di accesso e successivamente si dividono in gruppetti che si avvicinano alle reti in più punti cominciando a praticare le prime di numerose falle nella recinzione.

Nel frattempo, le forze dell’ordine si schierano sul ponte, unica via di uscita.

(Kettle [bollitore] o Corral [recinto] è la pratica di circondare i manifestanti. Impiegata in diverse occasioni per gestire grandi numeri di persone durante le dimostrazioni, la pratica consiste nel formare cordoni di agenti, lasciando un’unica via di uscita oppure isolando completamente i manifestanti)

[Ore 12,30-13,15] Le reti sono tagliate in più punti, presidiati da agenti in tenuta antisommossa.

(tuta in tessuto aramidico con rinforzo in spalle gomiti e ginocchia, chiusura maniche con velcro e gambe con laccio a molla, stivali anfibi di pelle nera, casco da ordine pubblico u-bott, sfollagente, parastinchi, corpetto protettivo, guanti rinforzati, fondina chiusa per beretta 92, maschera antigas e scudo antisommossa)

A questo punto, una donna, volto scoperto cappello rosso e megafono, rompe l’incantesimo dell’attesa. Basta un passo per superare il limite delle recinzioni tagliate, ormai non più tanto invalicabile.

Nervosismo?

Agenti la spintonano. Parte una carica, a freddo, contro chi era lì a sostenerla.

(manganelli in gomma flessibile, impugnatura ergonomica in gomma antiscivolo, lunghezza 54 cm)

[Ore 13,20-13,50] La situazione si riscalda, volano parole, zolle di terra e pietre

(Scudo rettangolare in policarbonato lexan, alto 92 cm e largo 52 cm, urto resistente garantisce alta resistenza al lancio di corpi solidi, al fuoco, alla frammentazione, alla lama, alla biglia cannone Grant)

Pochi istanti, molto lunghi. Poi di nuovo impasse, qualche scaramuccia. Un po’ alla volta, le forze dell’ordine caricano dal lato dei campi, stringendo il recinto.

(anfibi B4 con puntale non metallico ad alta tenacità e protezione dei malleoli, tomaia in pelle ignifuga resistente a schegge metalliche, chiodi e biglie, linguetta anteriore e snodo posteriore resistenti all’onda d’urto, al taglio da impatto e alla perforazione)

I manifestanti ora sono schierati sulla stradina di accesso, il ponte è bloccato, i campi anche. Dietro le spalle, a destra le reti del poligono e a sinistra le propaggini della laguna.

Mentre si cerca di uscire dal recinto, i carabinieri schierati sul ponte lanciano una carica a freddo più violenta delle precedenti.

(guanti tattici a mezze dita per un perfetto controllo dell’arma, vera pelle con rinforzo di pelle scamosciata sul palmo e rinforzi di schiuma espansa su dorso e nocche, chiusura in velcro)

La testa del corteo resiste, anche qui c’è un lancio di quel che si trova sul posto in risposta alle cariche.

(Casco per servizi di ordine pubblico, progettato per proteggere testa, viso e collo da colpi di oggetti pericolosi e di sostanze chimiche liquide; calotta in composito aramidico con bordo rivestito in gomma e sistema di ammortizzazione a cuscini rivestiti in tessuto ignifugo; visiera in policarbonato regolabile in tre posizioni con sistema di bloccaggio, con guarnizione in poliuretano superiore; inserto proteggicollo in policarbonato e gommapiuma di polietilene rivestita di cuoio, ancorato alla calotta tramite quattro bottoni automatici; peso 2,1 kg taglia M)

Nello stesso momento, parte anche un lancio di lacrimogeni (se non abbiamo contato male 3 candelotti, a frammentazione) diretti verso le persone che cercavano riparo dalle cariche

(orto-clorobenziliden-malononitrile. Noto come gas CS. Il composto reagisce con l’umidità della pelle e delle lacrime causando bruciore nasale e del cavo orale, chiusura delle palpebre, lacrimazione, perdita di muco dal naso, disorientamento, vertigini e respiro affannoso, dermatite da contatto. In dosi massicce può indurre tosse e vomito. In casi di prolungata esposizione può danneggiare i polmoni, il cuore e il fegato. Con l’entrata in vigore della convenzione sulle armi chimiche, dal 1997 l’utilizzo del CS è vietato nelle guerre internazionali)

Fortunatamente, un forte scirocco rende impreciso il lancio (alcuni candelotti sono finiti fin dentro il poligono) e disperde il composto chimico, impedendo che ristagni in mezzo a persone inermi.

Il corteo si ricompatta sulla stradina, si tratta di centinaia di persone a cui si impedisce di procedere. Un responsabile delle forze dell’ordine molto agitato urla che la manifestazione è sciolta. I manifestanti delle prime file, mostrando forte autocontrollo, formano un cordone di protezione dalle cariche per fare in modo che il corteo possa uscire da quel recinto pericoloso in cui si era stati bloccati.

[Ore 13,50] Finalmente liberi. Oltre il ponte, il corteo si ricompone per proseguire verso Sant’Antonio di Santadi e poi Pistis, come previsto e autorizzato.

Di nuovo poliziotti schierati, di nuovo il responsabile sempre più agitato, che minaccia di far caricare e ripete che la manifestazione è sciolta. Mentre alcuni manifestanti cercano di calmarlo, altri iniziano a dare notizia dell’interruzione della manifestazione e ci si prepara a tornare verso Marceddì per non rispondere alla provocazione del funzionario, nonostante ci fosse la volontà di proseguire sul percorso previsto.

[Ore 14,15-14,30] Ricompare un dirigente della polizia (che aveva seguito le fasi iniziali) insieme a una poliziotta: chiedono perché il corteo non prosegua. I manifestanti che si erano appena sentiti dire di sciogliere il corteo sono disorientati. Il responsabile agitato, intanto, è sparito.

Alla fine, arriva la conferma di poter proseguire.

[Ore 14,30] Il corteo si avvia verso Sant’Antonio di Santadi e prosegue sulla strada per Pistis. Giunti alla conclusione del tragitto, si fa ritorno verso Marceddì sempre scortati in testa e in coda dalle forze dell’ordine.

[Ore 17,00] Per la prima e ultima volta dall’inizio della manifestazione, si sente un rombo di caccia militare. Obiettivo raggiunto, manifestazione riuscita. Il corteo si conclude e i manifestanti si dirigono tutti insieme verso i pullman.

8. Ringraziamenti e dediche

A chi c’era. A chi non c’era e avrebbe voluto essere con noi. A chi non c’era e ci ha ascoltati raccontare, discutendo e obiettando, ma con rispetto e voglia di capire.

Al Comitato studentesco contro l’occupazione militare di Cagliari, a tutti i comitati, i gruppi, i collettivi e i singoli che partecipano e danno vita al movimento, alla Rete no basi né qui né altrove. E a chi di sicuro abbiamo dimenticato scrivendo questo pezzo.

A chi si è occupato e si occupa della comunicazione dentro il movimento: abbiamo fonti, immagini, immaginario, parole e non abbiamo paura di usarli.

Al viaggio No Tav di Wu Ming 1 che ci ha dato diversi spunti, fra tutti l’espediente di descrivere l’armamentario delle forze dell’ordine per rendere più viva e realistica l’immagine di quanto stava accadendo.

Nota: è possibile che le descrizioni non siano esattamente, al millimetro, quelle della dotazione del 23 novembre. Sono quello che abbiamo trovato qua e là, da Un viaggio che non promettiamo breve o da una ricerca sul web.

9. Postilla

Mara Solt era con noi a Capo Frasca e ha catturato una soggettiva di uno dei momenti più tesi della giornata. Riceviamo e pubblichiamo:

Alghero, 24 novembre 2016

È sera, piove, ci chiediamo cos’abbiamo visto. Che cosa abbiamo vissuto.

I “se” valgono quel che valgono, ma cosa avrebbero fatto se l’opzione “gasare i manifestanti” fosse stata efficace? Che cosa sarebbe successo?

Ci sono state varie fasi di cariche. Un avvertimento la prima (oggi vogliamo farvi male, non importa a chi), “punitive” le successive (vi teniamo nel recinto e ora giochiamo al rodeo) ed è probabile che gasare persone inermi volesse essere “dimostrativo” per scoraggiare future insolite complicità

(leggasi: separare buoni e cattivi, violenti e pacifici, timidi e sfacciati)

Ma non era possibile questa separazione, perché non esisteva in principio. Siamo persone che imparano poco alla volta a fidarsi le une delle altre. È questo che vogliono impedire…

Sembrava un tentativo, per fortuna finito in un fiasco, di dire a chi non se la sentiva, non sapeva, non voleva stare in prima fila a fronteggiare gli agenti

“guardate che anche se lo sappiamo che siete innocui, vi vogliamo far male perché siete complici di cospirare con quelli che ci tengono testa durante le cariche e ne danno, invece di prenderle e basta. Smettetela, non tornateci più, per colpa loro adesso noi vi puniamo, vi facciamo paura, vi facciamo male. Lasciateci da soli con loro, così finiremo meglio il nostro lavoro”

Ecco, il vento, in quel momento, è stato dalla nostra parte. Ha risposto, lo abbiamo sentito

“non vi lascerò confondere le menti e il cuore di queste persone che stanno affrontando fantasmi e timori pur di stare, se non al fianco, vicine a chi ha il coraggio di stare un passo più avanti e affrontare col proprio corpo la violenza delle cariche”

È finito lo sfogo, è finita la punizione dimostrativa. Possiamo passare.

Oggi scriviamo e ringraziamo la pioggia, che ha aspettato un giorno.

Loro devono avere paura, perché noi manipoliamo il tempo e le correnti atmosferiche.

Non possiamo temere colpi e condanne, anche la terra è tutt’uno con noi.

È venuto dalle terre d’Africa a spazzare il Campidano.

Ha raccolto forza dal monte Arci a est e dal Monte Arcuentu a ovest.

La laguna di Marceddì si agitava, impaziente, sferzata dal suo respiro.

«Cospirare vuol dire respirare insieme» e quando il vento si è alzato…

i nostri corpi spaventati e stanchi sono diventati uno solo.

Si solleva la cassa toracica a fare spazio per l’aria pulita.

Un colpo di diaframma.

Cospiriamo.

Come i #notav del Dakota

come i nativi della Valle di Sioux

like a #StandingRock on top o’ the mountain

non ci sono reti lunghe a sufficienza per intrappolarci

noi abbiamo il tempo di tornare e tornare

un’altra volta e un’altra ancora

noi siamo qui

da prima che inventassero

la tenuta antisommossa

l’A-200A Tornado

le fabbriche di bombe

e i vicequestori

noi ci saremo

quando della guerra

e della repressione

non resterà nemmeno il ricordo

voi sparirete, con le vostre reti, le armi lucide e gli scudi belli

resteremo noi

facinorose sbagliati impertinenti

a danzare sulle terre liberate

che per voi sono soltanto

disordini da recintare

Mara Solt

(si ringrazia Wu Ming 1 per l’immagine di «Cospirare vuol dire respirare insieme»)

10. Da leggere…

Nei giorni successivi alla manifestazione, sono arrivati numerosi contributi e letture su quanto accaduto, eccone alcuni

Il comunicato di A foras – movimento sardo contro l’occupazione militare

Capo Frasca, chi è senza peccato scagli la prima pietra, di Irene Masala

Capo Frasca 23 novembre, da Nobordersard

La vera cronaca della giornata del 23 novembre, dal Comitato studentesco contro l’occupazione militare – Cagliari

Capo Frasca e il nostro futuro, di Giada Tiddia, studentessa

Né buoni né cattivi, ma manifestanti che lottano per un mondo migliore, di Antonello Tiddia